IL CASO CREMONA - ARVEDI SECONDA ACCIAIERIA D’ITALIA

L’“altra Ilva” inquina nel silenzio. E nessuno vuol vedere i malati

di Gianni Barbacetto.

“C’è un tabù, in Lombardia, di cui non si deve parlare”, dice il dottor Paolo Ricci. È il cortocircuito tra inquinamento e patologie a Cremona, 80 chilometri da Milano. Una situazione epidemiologica allarmante: alto numero di malattie respiratorie, tumori al polmone, leucemie, nascite pre-termine. In un territorio dove sono concentrati un inceneritore, una discarica, due fabbriche di mangimi e soprattutto le acciaierie Arvedi, il secondo polo siderurgico italiano dopo l’Ilva di Taranto. Dell’Ilva si è molto parlato, discusso, polemizzato. Arvedi resta invece invisibile ai media. Intoccabile. Per anni il dottor Ricci – direttore dell’Osservatorio epidemiologico della Ats di Mantova e Cremona – ha cercato di completare uno studio epidemiologico sulla situazione cremonese. “Le istituzioni non mi hanno dato retta e, dopo anni di insistenze, non mi è rimasto altro che andare in pensione anticipata”.

Qualche dato lo ha comunque raccolto. Ed è preoccupante. Nell’area di Cremona ci sono ben dieci insediamenti pericolosi, soggetti all’obbligo di Aia (Autorizzazione integrata ambientale). Uno di questi, la raffineria Tamoil, ha chiuso le attività, ma fino al 2013 ha emesso 140 tonnellate all’anno di polveri sottili e circa 30 mila tonnellate di composti organici volatili. Degli altri nove insediamenti, l’acciaieria Arvedi è quella che inquina di più: emette 5,633 milioni di metri cubi di fumi all’ora, a cui si aggiungono i 442 mila di Arvedi Area Nord, dove vengono trattati i metalli, e i 425 mila di Arvedi Tubi Acciaio, che produce tubi. Altri 467 mila provengono dai due produttori di mangimi: il Consorzio Agrario (367 mila) e Ferraroni (100 mila). L’inceneritore locale – da cui era partita l’analisi di Ricci – aggiunge emissioni per 90 mila metri cubi all’ora. In più, la grande discarica di Crotta d’Adda raccoglie oltre 1 milione di metri cubi di rifiuti classificati come inerti, provenienti dalla Arvedi, che si aggiungono alle 300 tonnellate all’anno conferite all’interno dello stabilimento e ai 2 mila metri cubi di scorie nere destinate a essere trattate. Completa il quadro inquinante il traffico dell’autostrada Cremona-Brescia, che libera 1 tonnellata all’anno di polveri e di composti organici volatili.

Lo studio preliminare realizzato dal dottor Ricci e dai suoi collaboratori dell’osservatorio epidemiologico dell’azienda sanitaria locale ha rilevato più di una anomalia nella situazione sanitaria degli abitanti nel Comune di Cremona. Le ospedalizzazioni per patologie respiratorie sono risultate il 14 per cento in più rispetto a quelle della provincia di Cremona. L’incidenza di tumore al polmone il 7 per cento in più. La mortalità per tumore al polmone addirittura il 17 per cento in più. L’incidenza delle leucemie il 23 per cento in più. Le nascite pre-termine (possibili segnali di forte inquinamento ambientale) il 26 per cento in più. “Le malattie polmonari”, spiega il dottor Ricci, “sono compatibili con l’esposizione a polveri sottili, le leucemie con l’esposizione a benzene, le nascite premature con una esposizione a contaminanti ambientali”.

Per avere certezze sulla relazione tra insediamenti inquinanti e salute a Cremona dovrebbe essere completato lo studio epidemiologico avviato dal dottor Ricci e che oggi molte associazioni hanno chiesto a gran voce, anche con una lettera inviata al direttore generale della Ats Valpadana Salvatore Mannino, all’assessore al Welfare della Regione Lombardia Letizia Moratti e al ministro della Salute Roberto Speranza.

“Avevamo bisogno della collaborazione di un centro di ricerca, per incrociare e sviluppare i nostri dati”, racconta Ricci. “I burocrati ce lo hanno negato”. Il medico ha esperienza: in passato ha coordinato, per l’Associazione italiana dei registri tumori (Airtum), il progetto “Sentieri” dell’Istituto superiore di sanità, che ha monitorato 44 siti inquinati italiani detti “d’interesse nazionale”. Ma a Cremona non è riuscito a smuovere la situazione, a bucare il muro di gomma. “Io venivo dalla Ats (Azienda territoriale sanitaria) di Mantova. Quando questa fu unificata con la Ats di Cremona, fui considerato un po’ un marziano, perché al momento di rilasciare le autorizzazioni per le attività produttive cominciammo a considerare anche i rischi per la salute; e provammo a estendere anche a Cremona l’Osservatorio epidemiologico già sperimentato a Mantova”. Missione (quasi) impossibile. “Tutto il personale cremonese dell’omologo servizio fu destinato ad altri compiti, allora cercammo di lavorare almeno con i dati che ci arrivavano da quattro registri: mortalità, tumori, malformazioni congenite, patologie croniche. Per fotografare la situazione complessiva e analizzare l’andamento delle malattie in una popolazione, studiandone le cause e valutandone percorsi diagnostico-terapeutici, al fine di adeguare sia l’assistenza, sia la prevenzione. Questo, del resto, dovrebbe essere il lavoro di ogni Ats”. Poi sono però andati via via in pensione i pochi medici che facevano questo lavoro, senza la possibilità di passare il testimone ad altri. Infine è arrivata anche la pandemia da Covid-19. “Oggi il ritardo nell’aggiornamento dei registri di patologia è diventato incolmabile. L’Osservatorio è stato di fatto smantellato, a causa di una gestione meramente burocratica delle risorse umane”.

Tacciono la pubblica amministrazione e la politica. Protestano le associazioni ambientaliste. Fa sentire la sua voce Marco Degli Angeli, consigliere regionale Cinquestelle: “I dati sanitari e ambientali della nostra provincia sono da brivido. Il Covid ha evidenziato ancor di più la fragilità dei nostri cittadini. E quello che fa più rumore è il silenzio e l’inerzia delle istituzioni. Il Comune di Cremona non ha mai fatto sentire veramente la sua voce per pretendere il completamento dello studio epidemiologico e Regione Lombardia è rimasta come al solito alla finestra non fornendo ad Ats il supporto dovuto. È mancata completamente la volontà politica di capire che cosa succede a Cremona. Da anni chiediamo risposte, ma purtroppo nulla sembra scalfire il silenzio ovattato della nostra provincia”.

2021 Editoriale Il Fatto Quotidiano

Il 21 aprile 1921 avvenne l’assassinio, per mano fascista, di FERRUCCIO GHINAGLIA,

primo segretario della Federazione Pavese del Partito Comunista d’Italia.

È passato un secolo da quella tragica primavera del 1921.

In quel periodo, dopo le lotte operarie e bracciantili del “biennio rosso” (1919-1920) si sviluppò la reazione delle classi dominati.

Agrari e industriali pagarono lo squadrismo fascista che, impunito e protetto dall’apparato dello stato, si scagliò contro le organizzazioni del proletariato uccidendo, distruggendo sedi sindacali, case del popolo, sezioni socialiste e comuniste.

Molte furono le vittime, soprattutto nei piccoli centri agricoli.

In questo quadro ci fu l’agguato contro Ferruccio Ghinaglia.

Ghinaglia, nato nel 1899 a Casalbuttano in provincia di Cremona, aderì sin da giovanissimo al Partito Socialista. Vinse, per gli eccezionali risultati negli studi, un posto gratuito al collegio Ghisglieri di Pavia.

Dopo il servizio militare riprese gli studi in Pavia alla facoltà di medicina, dove rapidamente s’impegnò nella battaglia politica. Divenne segretario provinciale della Federazione Giovanile Socialista che all’epoca contava nella nostra provincia 3200 iscritti e ottantacinque circoli.

Fondò il settimanale “Vedetta Rossa”.

Al congresso del gennaio 1921, Ghinaglia aderì al Partito Comunista d’Italia. Pressoché l’intera Federazione Giovanile Socialista della Federazione di Pavia aderì al nuovo Partito. Ghinaglia divenne segretario provinciale del Partito Comunista. Aveva appena ventidue anni.

In pochi mesi ebbe modo di sviluppare un’intensa attività: segretario provinciale Comunista, segretario della Lega proletaria Mutilati, Invalidi e Combattenti, redattore di “Falce e Martello”prima e poi di “Idea Nostra”.

Secondo tutte le testimonianze era un propagandista e oratore instancabile, la sera del 21 aprile 1921, mentre si recava in Borgo Ticino a un’assemblea, assieme ad altri compagni, appena attraversati il Ponte Coperto, veniva raggiunto da numerosi colpi di arma da fuoco. Ghinaglia fu colpito a morte e altri quattro compagni furono gravemente feriti. Il giorno dopo, per protesta l’Università sospese le lezioni. I funerali furono imponenti con un corteo di migliaia di lavoratori e studenti, con centinaia di bandiere rosse che accompagnò la salma di Ghinaglia alla stazione, perché fosse trasportata a Cremona.

A Pavia nel luogo dell’uccisione, in Borgo Ticino, sorge il monumento eretto in ricordo di Ferruccio Ghinaglia.

Un altro monumento in ricordo di questo nostro compagno è stato posta al cimitero di Cremona.

Il 21 Aprile di quest’anno, alle ore 17,30 in Borgo Ticino a Pavia davanti al monumento di Ferruccio Ghinaglia si recherà una delegazione del Partito della Rifondazione Comunista e dei Giovani Comunisti per ricordare il primo segretario comunista della Provincia di Pavia e tutte le vittime del fascismo.

Pavia 12 aprile ’21

Piero Rusconi segretario Provinciale del Partito della Rifondazione Comunista di Pavia.

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Sabato 10 aprile in piazza Stradivari per il diritto alla salute, per il diritto alla cura, per la qualità della vita, per la necessità di vivere in un ambiente sano.

Insieme e in collegamento con 30 piazze in Lombardia e in giro per l'Italia per sospendere i brevetti sui vaccini (ICE noprofitonpandemic.eu/it/), per rivoluzionare il sistema sanitario lombardo (abrogazione lr 23/2015) e per un sistema sanitario universale, pubblico e gratuito, per cambiare radicalmente le scelte politiche su economia e ambiente, per chiedere verità e giustizia su quanto accaduto nelle case di riposo.

Perché la salute non è un merce, la sanità non è un'azienda! 

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      In continuità con la mobilitazione del 20 febbraio di cui Cremona è stata parte attiva con un animato e partecipato presidio di fronte all'Ospedale, il Coordinamento Lombardo per il Diritto alla Salute chiama ancora una volta cittadini e organizzazioni a prendere la parola e lo fa sabato 10 Aprile, in occasione della Giornata Mondiale contro la Mercificazione della Salute. Cremona ci sarà di nuovo ma questa volta la mobilitazione sarà in pieno centro, in piazza Stradivari, accanto a palazzo Comunale, dalle 10 alle 12,30. Saremo nel cuore di una delle città più colpite dalla pandemia, e manifestando accanto alla sede comunale, rivolgeremo le nostre domande e sollecitazioni alle istituzioni pubbliche più vicine ai cittadini, in particolare al Sindaco, in quanto autorità sanitaria, rispetto al loro ruolo, ai loro compiti e responsabilità. Cremona torna in piazza per affermare chiaramente e con determinazione che non si può fare profitto sulla pandemia, che la salute non è una merce e che il servizio sanitario deve essere accessibile a ogni persona, di qualità, pubblico, partecipato e gratuito.

      Pensiamo che il diritto alle cure debbe essere garantito a tutte le persone e a tutti i popoli indipendentemente dalle condizioni economiche; pensiamo che la salute non possa passare in secondo piano rispetto al profitto delle grandi multinazionali perché dall'accesso ai medicinali e ai vaccini dipende la vita delle persone. Per questo invitiamo tutt* a sottoscrivere l'Iniziativa Cittadini Europei (ICE) ( su https://noprofitonpandemic.eu/it/) per liberalizzare i brevetti su farmaci e vaccini.

      Pensiamo che la privatizzazione del sistema sanitario, i tagli del personale, l'impoverimento dei servizi, lo svuotamento delle strutture sanitarie territoriali, lo smantellamento sistematico della prevenzione, della medicina scolastica, della medicina di base e del lavoro, la condizione delle RSA, abbiano svolto un ruolo cruciale e negativo rispetto al diffondersi della pandemia e siano veri e propri attacchi al diritto alla salute e alla stessa democrazia costituzionale.

      Per questi motivi invitiamo alla mobilitazione contro le riforme sanitarie lombarde che negli anni hanno distrutto il sistema sanitario pubblico a favore del privato, foraggiando lobby e gruppi di potere, producendo disuguaglianza sociale, inefficacia e inefficienza dei servizi, sfruttamento dei lavoratori. Per questi motivi chiediamo in Lombardia una discussione pubblica, larga e partecipata sugli effetti dell'organizzazione del sistema sanitario regionale e sulla cancellazione definitiva della legge regionale 23/2015.

       

      La mobilitazione del 10 aprile si allarga dalla Lombardia nel Bel Paese con le stesse parole d'ordine, calate e reinterpretate in base alle situazioni reali e concrete dei diversi sistemi sanitari regionali. Molte e significative sono le piazze già organizzate. La diretta streaming sulle pagine del Coordinamento Lombardo per il Diritto alla Salute e di Medicina Democratica collegherà idealmente durante la mattinata le testimonianze e le denunce provenienti da Roma, Lodi, Bergamo, Varese, Saronno, Milano, Firenze, Verona, Napoli, Cremona, Asti, Brescia, Melegnano, Cernusco Sul Naviglio, Casorate Primo, Piacenza, Como, Monza. Altre città e comuni si stanno organizzando e la lista è in continuo aggiornamento.

       

      La partecipazione e la mobilitazione sono essenziali perché LA SALUTE NON È UNA MERCE, LA SANITÀ NON È UN'AZIENDA! Fuori il profitto dalla Salute!

      Tutto è bene quel che finisce bene? Pensavamo di aver visto tutto, invece c’è sempre chi non delude le aspettative. Dopo le sconsiderate scelte di Regione Lombardia che hanno di fatto portato ad azzerare la prevenzione e i servizi territoriali, a concentrare l’attenzione sui grandi ospedali e sulle prestazioni a tariffa; dopo aver creato un sistema dove malaffare e malasanità sono prosperati nel rapporto pubblico-privato; dopo le frodi sulle prestazioni, i camici dei parenti del governatore Fontana, la vergognosa gestione degli strumenti di protezione individuale per il personale sanitario e socio-sanitario, oggi a Cremona abbiamo toccato con mano la palese incapacità di Regione Lombardia nella gestione della campagna vaccinale. Le notizie delle ultime settimane ci parlano di prenotazioni fatte seguendo le procedure cui il gestore regionale non ha mai dato riscontro (soprattutto a chi non avendo un cellulare ha fornito numero di telefono fisso e mail), di avvisi notturni recapitati ai cellulari degli utenti, che fissano l’appuntamento per il mattino del giorno seguente o arrivati ad orario ormai scaduto, a prestazioni andate a buon fine ma che chiedono all’utenza dell’Alto Cremasco di recarsi “comodamente” nel Casalasco a più di 100 km, mentre residenti della bassa bresciana ordinatamente si sottopongono a vaccinazione nella vicina Soresina.
      Oggi il sistema regionale ha fallito ancora a Cremona rischiando di lasciare scoperta la giornata e di sprecare centinaia di dosi. Delle 500 prenotazioni solo un’ottantina sono andate a buone fine e se non fosse stato per la risposta di massa della popolazione i vaccini sarebbero andati sprecati davvero. Tutta la mattina si sono succedute notizie contrastanti: in mancanza di una comunicazione ufficiale ed univoca dell’ASST (e se c’era non l’abbiamo trovata!) l’appello a recarsi alla Fiera per vaccinarsi è volato di messaggio in messaggio, tra social e whatshapp, intrecciando comunicazioni di amministratori locali e privati cittadini, è poi apparso su articoli di giornali online che riportavano notizie diverse e alcune volte contrastanti, sulle categorie e sulle modalità con cui presentarsi in Fiera. Altre notizie, ancora diverse, arrivavano su social e cellulari nel frattempo da chi, corso in fiera, aveva ottenuto un posto per vaccinarsi.
      Nella totale colpevole disorganizzazione regionale le istituzioni locali dovrebbero intervenire per evitare ulteriore confusione e smarrimento nella popolazione.
      Non dovrebbe essere particolarmente complesso per le amministrazioni e le istituzioni sanitarie locali seguire un elenco in aggiornamento costante delle categorie che debbono sottoporsi prioritariamente alla vaccinazione in modo da poter procedere con ordine e trasparenza, tramite canali ufficiali e chiamate dirette individuali, in ogni caso ed eventualità in cui il sistema regionale fallisse. Cosa appunto non così remota.
      Oggi è andata bene lo stesso: le persone sono state vaccinate e nessuna fiala è stata buttata via. Ma non si può continuare a procedere con questa totale approssimazione e soprattutto non si può non richiamare ancora una volta il Governo alle sue responsabilità: commissariare la sanità lombarda è sempre più urgente e necessario!
      20/03/2021
      Francesca Berardi
      Segretaria Provinciale Cremona
      Partito della Rifondazione Comunista
      SinistraEuropea

       

      Pensavamo che quest’anno di pandemia appena trascorso, nella sua drammaticità, nella conta tragica dei decessi quotidiani, avesse aperto gli occhi a tutti, ma in particolare ai responsabili tecnici e politici della situazione sanitaria, sulle precise responsabilità dell’accaduto.
      Se da una parte i Governi che si sono succeduti negli ultimi decenni hanno operato tagli a strutture e personale sanitario dall’altra le sconsiderate scelte di Regione Lombardia hanno di fatto portato ad azzerare la prevenzione e i servizi territoriali e a concentrare l’attenzione solo sui grandi ospedali e sulle prestazioni a tariffa, creando peraltro un sistema inefficiente e inefficace dove malaffare e malasanità sono prosperati nel rapporto pubblico-privato: dalle frodi sulle prestazioni che hanno coinvolto molte strutture private nei rapporti con la Regione, alle vicende non ancora chiarite dei camici dei parenti del governatore Fontana, alla vergognosa inefficienza nella gestione degli strumenti di protezione individuale per il personale sanitario, socio-sanitario, dei MMG e delle RSA e alla totale mancanza di organizzazione complessiva.
      Non si può non sottolineare la palese incapacità nel gestire la vaccinazione antinfluenzale prima ed ora quella dei vaccini COVID 19, l’aver scelto una piattaforma informatica per la gestione delle prenotazioni costata 22 milioni di euro poi abbandonata perché inefficiente per dare l’incarico a Poste Italiane che offre il medesimo servizio gratuitamente. Oltre al danno economico questa vicenda ha prodotto ulteriori ritardi e confusioni.
      Il 20 febbraio scorso in contemporanea in 30 piazze lombarde (compresa Cremona) tante organizzazioni e persone hanno manifestato riconoscendo un tributo di immensa gratitudine all’enorme sforzo compiuto dal personale del servizio sanitario pubblico che nonostante carenze strutturali e gestionali da un anno lotta contro l’emergenza sanitaria.
      Dalle piazze è salita forte anche la denuncia e la richiesta di verità e di giustizia perché chi ha avuto responsabilità politica e tecnica nella gestione fallimentare dell’emergenza sanitaria non possa pretendere di occuparsi anche della ricostruzione di strutture e servizi.
      Ma la grande torta del Recovery Plan fa immaginare possibilità di affari di proporzioni enormi e le brame superano le fantasie. Se per mesi politici regionali e direttori generali hanno sbandierato ad ogni intervento pubblico la necessità di cambiare rotta e di investire in prevenzione e servizi territoriali il 3 marzo la Giunta Regionale Lombarda ha congelato ogni aspettativa di cambiamento deliberando l’investimento di 4 miliardi nei prossimi anni concentrati in larga parte sugli ospedali da ristrutturare o da costruire ex novo: fra questi uno sarà per Cremona. La risposta immediata del Direttore Generale dell’ASST di Cremona è stata quella di aggiudicarsi la maggior parte del merito dell’impresa e dirsi certo che tutti saranno fieri ed orgogliosi del risultato: avremo quindi un grande e luminoso nuovo ospedale offerto in dono ai nostri figli!
      Premesso che gli impegni assunti oggi non è detto che siano poi rispettati davvero e ricordato che si tratta di 4 miliardi spalmati su 8 anni e così ripartiti – il 5% al territorio e il 95% alle strutture ospedaliere – vorremmo chiedere al Direttore Generale, ai suoi referenti regionali ed agli estimatori locali, di cosa si sta parlando se non della riproposizione di un modello sanitario ospedalocentrico che ha dimostrato la sua inefficienza e la sua inadeguatezza a svolgere un ruolo rispondente ai reali bisogni socio-sanitari del Cremonese. Abbagliati dalla prospettiva di una struttura sfavillante, quasi fosse un ultimo modello di spider, con cui far concorrenza ad altri territori, non ci si pone nemmeno il problema di quale scuderia la farà correre, se è vero che già oggi è difficile reperire il personale medico e sanitario.
      Per avviarci alla conclusione ribadiamo, come altre volte abbiamo fatto, che nessun euro sia messo in nessun ospedale, nuovo o vecchio che sia, fin tanto che non sia organizzata una effettiva medicina di territorio che sia imperniata sul Distretto e su una rete di Case per la Salute, strutture previste dalla legislazione attuale ed attuate in molte Regioni (eccetto che in Lombardia) che fondino il proprio operato su concetti di prevenzione, di promozione della salute, di partecipazione dei cittadini e di protezione dei soggetti fragili, che garantiscano una effettiva integrazione fra ospedale e territorio, che operino secondo i principi delle cure primarie e domiciliari; strutture che mettano in rete una sanità che connetta medici di base, specialisti, operatori sociali, nelle quali si attui la piena integrazione socio-assistenziale e la presa in carico complessiva di tutte le fragilità e le cronicità.
      Cremona, 18/03/2021
      La segreteria Provinciale del Partito della Rifondazione Comunista / Sinistra Europea – Cremona

       

      Cosa sta diventando il nostro territorio? All’interno del nostro Comune sta per arrivare un deposito di rifiuti pericolosi che si aggiungerà all’immensa colata di cemento che si divide tra la Zona Industriale di Piadena e i campi già trasformati in grandi parcheggi a Drizzona.

      Dunque prima il cemento ed ora i rifiuti pericolosi, senza nessun rispetto per la popolazione e soprattutto per l’ambiente in cui viviamo; in nome dello sviluppo il nostro territorio si sta trasformando sempre più velocemente in una grande discarica dove smog, inquinamento, consumo di suolo e cementificazione selvaggia stanno incrementando l’incidenza di malattie e soprattutto di patologie legate al sistema respiratorio e non solo. Questa pandemia avrebbe dovuto insegnarci, tra le altre cose, anche il rispetto dell’ambiente che è la nostra casa ed invece passata la paura iniziale i “grandi progetti” a favore dello “sviluppo” stanno tornando prepotentemente sulla scena. All’appello ci manca solo l’ormai famigerata autostrada CR-MN per darci il colpo di grazia.

      Abitiamo in un territorio meraviglioso con una natura che ancora ci sa regalare colori, suoni e profumi incredibili nonostante i continui maltrattamenti da parte nostra, ma la natura sa che lei può vivere senza di noi ma il problema è che noi non riusciamo a capire che noi non possiamo vivere senza di lei.

      Noi crediamo che non può esserci uno sviluppo che vada solamente a beneficio di pochi a discapito della salute di molti, ed è ora di smetterla col ricatto: o la salute o il lavoro. Se vuoi il lavoro devi rinunciare ad un po' di salute perché lavorare bisogna. Questa pericolosa idea di sviluppo è ben lontana dal progresso ed il progresso o è di tutti o non è, perché se il progresso è solo di pochi non è più tale ma solo privilegio e la salute così come il lavoro non può essere un privilegio ma è un diritto.

      La popolazione di Piadena Drizzona è giustamente preoccupata all’idea che a pochi metri dal centro del paese, vicino ad una scuola, vicino alle abitazioni transitino e vengano stoccati dei convogli carichi di rifiuti pericolosi e di questa preoccupazione le istituzioni preposte devono tener conto perché la vita e la salute delle persone non sono tabelle, numeri o statistiche.

      Il Circolo è rappresentato all’interno del Consiglio Comunale dal nostro Segretario Andrea Volpi il quale, insieme ai colleghi del gruppo di minoranza, ha lavorato e sta lavorando per portare avanti la nostra posizione di netta contrarietà a questo deposito facendo al meglio la propria parte e cercando di collaborare insieme con la maggioranza essendo questa una questione trasversale che interessa tutta la popolazione. Vorremmo vedere la stessa attenzione e lo stesso senso di responsabilità da parte dell’Amministrazione Provinciale che ha competenze specifiche sull’ambiente e il territorio ma che ha già decretato che l’impianto non debba nemmeno essere sottoposto a VIA.

      Guardiamo con piacere anche alla mobilitazione dei cittadini sui social media con la promozione della petizione on line e daremo il nostro supporto anche qual ora dovessero sorgere dei comitati per fronteggiare in modo civile e compatto a questo progetto.

       

      Il nostro Circolo si oppone con forza alla trasformazione del nostro territorio in una camera a gas inquinata dal cemento, smog e dalla presenza di pericolosi depositi di rifiuti. Dobbiamo scardinare il ricatto lavoro o salute e pretendere che l'iniziativa economica non si svolga in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. (art. 41 della Costituzione Italiana). Dobbiamo avviare un percorso virtuoso verso una riconversione ecologica dell’economia e delle attività produttive. Oggi più che mai, per la qualità della vita nostra ma soprattutto per garantire un futuro alle generazioni che verranno.

       

      Il nostro territorio non merita autostrade, enormi parcheggi o depositi di rifiuti. Tutte/i noi non lo meritiamo.

       

      Circolo PRC di Piadena Drizzona

      La Rivoluzione Russa, nella semplicità delle sue parole d’ordine – «la pace, la terra ai contadini» – ha dato una soluzione positiva alle enormi questioni che la borghesia aveva creato – la guerra – o non era in grado di risolvere: la servitù della gleba e le diseguaglianze sociali.

      I partiti comunisti nascono, sulla spinta della Rivoluzione Russa, come l’avanguardia di questo movimento universalistico che, a partire dalla classe operaia e dai contadini, agisce concretamente la liberazione di tutte e tutti gli sfruttati ed in prospettiva di tutto il genere umano. E’ un messaggio di fortissimo universalismo concreto quello che emerge dalla rivoluzione e – come esemplificato dallo slogan “fare come la Russia” – va oltre la politica tradizionale, parlando a tutte e tutti gli sfruttati.

      Il comunismo 100 anni fa non era un fatto ideologico ma “la semplicità difficile a farsi”: la pace e la terra ai contadini, appunto. A quella semplicità dobbiamo tornare. Il comunismo non è una scelta religiosa o l’ideologia di un partito ma “il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente”, cioè la ricerca della soluzione migliore a fronte delle enormi contraddizioni generate dal modo di produzione capitalistico.

      A distanza di un secolo dalla prima guerra mondiale il capitalismo ci ha ributtati nella barbarie: della distruzione del pianeta, dello sfruttamento del lavoro produttivo e riproduttivo, del razzismo e della guerra, delle masse sterminate dei poveri a cui fanno da contraltare la concentrazione di enormi ricchezze. Il capitalismo ha esaurito la sua spinta propulsiva e solo la fuoriuscita dalla logica del profitto come principio organizzatore del vivere sociale può garantire un futuro all’umanità.

      Per questo l’umanità ha bisogno di Socialismo: come regno della libertà a partire dal superamento dello sfruttamento del lavoro e della natura. Come possibilità per l’umanità di utilizzare positivamente l’enorme potenzialità data dallo sviluppo della scienza e della tecnica. Come superamento delle classi sociali e di ogni ruolo sociale gerarchico e fisso a partire da quelli legati al genere o al colore della pelle. Comunismo come libertà degli individui di sviluppare positivamente la propria personalità in un quadro in cui l’uscita dal regno della necessità è garantita dalla cooperazione e dalla solidarietà.

      PAOLO FERRERO

       

      L’Ordine dei medici chiede di chiudere. Rifondazione condivide: è necessario per far “respirare” la sanità pubblica.

      Il governo da maggio non è stato in grado di far attuare quelle poche misure che aveva previsto per fermare la pandemia.
      Ha inseguito il virus senza impostare un piano di prevenzione di salute pubblica per non inimicarsi Confindustria e poteri regionali. Ora viene travolto.
      Se non si vuole che vengano travolte anche le vite dei cittadini e il loro futuro, devono essere prese misure più efficaci per evitare una ulteriore impennata della curva epidemica.
      Condividiamo le preoccupazioni dell’Ordine dei medici espresse dal suo presidente. Crediamo che considerare gran parte del Paese (le regioni in giallo) come a rischio moderato di contagio, non dipinga in modo veritiero le criticità che si accumulano e pesano su un’organizzazione sanitaria già stressata dalla prima ondata di febbraio/marzo. Sono inaccettabili le immagini dell’ospedale Cotugno di Napoli (zona gialla) con i malati curati in strada, nelle proprie auto o nelle ambulanze in fila.
      È il risultato di decenni di tagli lineari e di definanziamento del SSN, di privatizzazione e di assenza di programmazione anche in questi mesi, quando l’arrivo della cosiddetta “seconda ondata” era cosa certa. Si è annunciato un potenziamento dei servizi nei territori ma si assiste ad un’inqualificabile scaricabarile delle responsabilità fra Governo centrale e Regioni.
      Per questo crediamo sia urgente:
      1) Una chiusura generalizzata, calibrata nel tempo, cui si associno in contemporanea provvedimenti di estrema emergenza
      2) Potenziamento dei posti letto ospedalieri pubblici, dei servizi del territorio, di prevenzione e di medicina di base, della presa in carico domiciliare (ieri erano 419 mila le persone in isolamento), delle cure intermedie, dei percorsi diagnostici e terapeutici territoriali, sia Covid che non
      3) Che si affronti immediatamente il tema della carenza del personale sanitario pubblico (medici, infermieri, OSS e tecnici) e garantendo la loro stabilizzazione realizzando, in deroga alle norme vigenti, un grande piano di assunzioni a tempo indeterminato nel SSN.
      4) A queste misure vanno accompagnate una serie di risposte concrete all’emergenza sociale partendo dal reddito universale per chi sta pagando a caro prezzo la crisi sanitaria. I soldi ci sono e vanno presi, utilizzando una imposta patrimoniale. Chi, tanto con la crisi economica degli anni passati quanto con l’attuale, ha visto crescere a dismisura le proprie ricchezze deve contribuire alla salute di tutte/i.

      Maurizio Acerbo,
      Segretario nazionale PRC-S.E.
      Rosa Rinaldi,
      segreteria nazionale PRC-S.E.